Il ciclone del “lavoro agile” sta rivoluzionando i modelli organizzativi delle imprese, divise tra chi vuole i lavoratori tutti in sede e chi alterna presenze in ufficio e a casa. E l’Italia è divisa in due non sull’idea di dover lavorare, ma su chi debba scegliere il dove e il quando :il datore di lavoro o il dipendente?
In teoria, tutti i lavori via pc e Internet possono essere eseguiti in smart working ma nella pratica non è così.
Se il lavoro non nobilita più l’uomo, di certo lo ‘mobilita’ secondo lo scrittore Michele Masneri.
Se l’organizzazione aziendale non è ripensata adeguatamente, lo smart working non funziona. Giustiniano (Luiss): in presenza è più agevole far leva su relazioni informali, che vanno al di là degli schemi
Tra riunioni a schermo spento e ChatGPT per riempire documenti e relazioni, negli Usa sta nascendo una nuova categoria di lavoratori “furbi”.
Le imprese cercano il dipendente ideale capace di fare tutto, ma non c’è: meglio selezionare buoni talenti settoriali e trovare chi li sa dirigere bene.
Un’esperienza inconsapevole e fortunata di “lavoro agile” ha dimostrato che non serve incatenare il dipendente alla scrivania dell’ufficio, ma solo assicurarsi che sia legato all’azienda.
Airbnb: «in attesa dei decreti governativi, stiamo già creando spazi ad hoc per i nomadi digitali, i remote worker stranieri e non».
