Scenari

Un anno di guerra e incertezze

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di Federico Bosco

Gli alleati dell’Ucraina stanno iniziando a fare i conti con ciò che significa sostenere il governo di Volodymyr Zelensky per il secondo anno di una guerra di cui non si vede la fine, né il punto di caduta per un compromesso politico o un armistizio. Questa consapevolezza è stata presente in quasi tutte le discussioni della Conferenza sulla sicurezza di Monaco della settimana scorsa, dove alti funzionari della comunità della difesa transatlantica si sono confrontati su come soddisfare l’enorme aumento nella domanda di munizioni per l’artiglieria e armamenti di ogni tipo da continuare a inviare alle forze armate ucraine.

Fino a un anno fa era impensabile una guerra a tutto campo tra Stati-nazione nel Vecchio Continente. I Paesi della NATO affrontavano conflitti con scontri brevi, azioni mirate, incursioni accuratamente studiate e dirette con alta tecnologia. Al massimo poteva esserci l’invio di contingenti dalla dimensione relativamente ridotta in Paesi lontani migliaia di chilometri per combattere terroristi o milizie, e dopo le esperienze in Iraq e Afghanistan anche l’impegno in questo genere di operazioni veniva ponderato con molta attenzione. Per decenni i Paesi occidentali su entrambe le sponde dell’Atlantico hanno ridotto la dimensione delle forze armate, soprattutto gli eserciti, e ridotto la spesa negli armamenti della “vecchia scuola” come i pezzi d’artiglieria, i carri armati e tutti quegli armamenti che richiamavano azioni come lo sbarco in Normandia o le grandi battaglie terrestri con soldati e carri armati.

Tutto ciò aveva senso, nessuno pensava a una grande guerra tra eserciti con i Paesi vicini; si aveva la convinzione che il tempo, i vantaggi economici e la diplomazia avrebbero risolto tutte le questioni etniche o territoriali rimaste in sospeso. L’invasione russa dell’Ucraina ha cambiato questo modo di pensare, ora tutti sono consapevoli che un’altra grande guerra è possibile.

Quella in corso è una rivalutazione non solo della necessità di aumentare la spesa per la difesa, ma anche di decidere quali armi sono necessarie e quante persone bisogna arruolare nelle forze armate. Una revisione che nel caso della NATO va ben oltre il suggerimento di portare la spesa della difesa al 2 per cento del Pil, che più che un target indicativo è destinato a diventare un requisito minimo dell’alleanza.

Anche nazioni lontanissime dall’Europa stanno studiando in tempo reale l’evoluzione del conflitto russo-ucraino: da Taiwan alla Corea del Sud, dal Giappone agli Stati Uniti, dalla Cina all’India, dall’Arabia Saudita all’Iran. Gli eserciti di tutto il mondo osservano l’evoluzione della guerra riflettendo su cosa è andato bene per l’Ucraina e dove ha sbagliato la Russia. Ciò include la capacità della  produzione industriale e l’efficienza delle linee di rifornimento, le strutture di comando, il controllo delle azioni sul campo, la raccolta e la trasmissione delle informazioni. Le armi ad altissima tecnologia non hanno perso minimamente l’importanza che avevano, ma non bastano più. Servono anche proiettili, missili di ogni taglia e tipo, droni, carri armati, elicotteri, fregate, cacciatorpedinieri.

La guerra in Ucraina ha evidenziato che le attuali capacità di produzione e approvvigionamento di munizioni e armamenti sono troppo lente per un conflitto su larga scala. La fornitura per Kiev ha prosciugato gli arsenali europei e ha esposto i limiti della sua industria della difesa, incapace di soddisfare la domanda di un conflitto così vasto e prolungato. Ciò ha messo in discussione la capacità della NATO di mandare rifornimenti a Kiev e al contempo ripristinare i suoi arsenali.

Secondo l’analista Francois Heisbourg, ex consigliere del ministero della difesa francese, costruire la nuova capacità industriale richiede dai due ai tre anni. Tra gli choc principali emersi nel 2022 c’è che gli standard di produzione dell’equipaggiamento NATO all’atto pratico non sono poi così standard. Per esempio, nel caso delle armi pesanti come i pezzi d’artiglieria i produttori adattano le proprie munizioni solo alle proprie armi, e non si prendono la responsabilità per malfunzionamenti legati all’uso di munizioni dello stesso formato prodotte da altri fornitori. In tempi di pace questo limite non era un problema, ma ora la questione va risolta rapidamente.

Qualunque cosa accada tra la Russia e l’Ucraina, tutto quello che è successo negli ultimi dodici mesi ha stravolto il panorama della sicurezza e della difesa europea per i prossimi decenni, non è un caso se alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco gli unici a sorridere erano gli esponenti dell’industria militare. Anche l’Unione europea, dopo tante esitazioni, sta discutendo su come organizzarsi per mettere in comune le capacità di spendere nella difesa. Nei prossimi anni ci sarà un aumento della spesa militare molto consistente, che andrà sostenuto con strumenti di finanziamento comuni e una trasformazione culturale dei governi e delle opinioni pubbliche.