La Settimana Politica

Regionali: colpo di coda del Cavaliere, ora focus su Fisco e Pnrr

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di Pasquale Napolitano

Silvio c’è. Forza Italia respinge per la seconda volta (dopo le Politiche) l’assalto del Terzo Polo agli elettori moderati. Tutti, analisti e opinionisti, prefiguravano la liquefazione di Forza Italia. E invece, ancora una volta, le urne smentiscono le previsioni e confermano l’inossidabilità del leader azzurro. Sarà stato il guizzo finale, all’uscita del seggio, pro Putin? O forse lo stato di salute complessivo del centrodestra? Il dato è che Forza Italia si conferma perno dell’alleanza di centrodestra sia nel voto in Lombardia, dove viene riconfermato l’uscente Attilio Fontana, sia nel Lazio dove Francesco Rocca sfratta il Pd dopo un decennio di governo. Di contro, il voto certifica la quasi morte del progetto centrista di Renzi e Calenda.

Il Terzo Polo cade in Lombardia, fermandosi a un magro 4%. E nemmeno la carta Moratti, anzi si rivela un boomerang, riesce a spingerlo. Calenda e Renzi analizzano il voto e promettono: il cantiere centrista resta aperto. Un bluff. In tanti preparano le valigie per trovare nuovi approdi. E tra i due ormai non c’è più sintonia. La cannibalizzazione degli alleati non si compie nel centrodestra.

FdI vola oltre il 30% nel Lazio ma FI e Lega reggono. Il Carroccio, soprattutto in Lombardia, esce rinvigorito. Merito del nuovo Salvini, stile giorgettiano: testa bassa e pedalare. «I successi di Lega e FI sono un fatto positivo», ragionano gli uomini vicini al premier Giorgia Meloni. Non ci sono insofferenze, la coalizione, rispetto al dato del 25 settembre, guadagna 15 punti.

Il governo è solido. Ma nella curva post voto spuntano tre insidie: l’infornata di nomine, a cominciare dal riassetto della Rai, il tema balneari e la riforma del Fisco.  Sullo sfondo il Pnrr, dossier su cui Palazzo Chigi sta accelerando una struttura ad hoc, dopo tre mesi di stallo. Altro snodo cruciale per la maggioranza: la Giustizia. FI in pressing per la riforma sulla separazione delle carriere. Ora si aprirà un anno senza finestre elettorali. Nel 2024 ci saranno le Europee, il vero banco di prova per Meloni e la sua squadra. Ma anche il crocevia per la definitiva affermazione come leader europeo. Al voto la premier vorrà arrivare con due compiti fatti in casa: riforma del Fisco e Pnrr.

Se Atene ride, Sparta piange. Nel fronte dell’opposizione è notte fonda. Un dato conferma la stato comatoso: Letta, Boccia e Orlando festeggiano la doppia sconfitta. Poteva essere la Caporetto dem, infilata da sinistra e dal centro. E invece il Pd scansa l’opa di Terzo Polo e M5s. Rimane partito del 20% e si conferma baricentro di qualsiasi alleanza anti-centrodestra. Letta gode per il tracollo dei Cinque stelle. Un errore. Anche Di Maio perdeva le regionali e poi si impose con il 33% quando era leader del Movimento. Lo sa bene Conte che subito mette in guardia: «Nessun funerale». Il dato elettorale per il M5s è catastrofico in Lombardia, male nel Lazio. Discorso sulla leadership di sinistra rinviato a dopo le Europee. Quando al tavolo dovranno sedersi Conte e Bonaccini (Schlein). Ma sono obbligati a sedersi. Ora c’è un altro appuntamento: le primarie.