La Settimana Internazionale

Mondo sempre più multipolare: corsa aperta alle nuove alleanze

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di Federico Bosco

La nuova realtà internazionale dopo l’invasione russa dell’Ucraina è un mondo che diventa più multipolare, frammentato in fazioni che si contendono spazi di influenza mentre si intensifica la competizione tra Cina e Stati Uniti, le uniche superpotenze coinvolte in ognuno di questi sforzi per conquistare la fedeltà delle potenze regionali “non allineate” per portarle dalla propria parte. L’inasprimento della competizione tra fazioni rivali è diventata più evidente con il G7 di Hiroshima e il vertice della Cina con i Paesi dell’Asia centrale, e lo sarà nei prossimi mesi.

Il presidente cinese Xi Jinping ha rilanciato la visione cinese della nuova Via della Seta riunendo nell’iconica città di Xian i leader di Kazakistan, Kyrgyzstan, Tajikistan, Turkmenistan e Uzbekistan – i cinque Paesi dell’oriente ex-sovietico – senza invitare il presidente russo Vladimir Putin, che considera la regione come il “cortile di casa” della Russia. Un vertice che vista la rilevanza degli accordi firmati ha messo in chiaro che per Pechino l’Asia centrale  è una parte della sfera di influenza cinese, al centro dei futuri corridoi infrastrutturali euroasiatici che, tra i tanti obiettivi, mirano a collegare via terra l’Europa e la Cina.

Nel frattempo, i leader del G7 definivano il comunicato che sottolinea  la volontà di avere relazioni «costruttive e stabili» con la Cina ma, al contempo, riducendo l’interdipendenza commerciale nei settori strategicamente rilevanti, suscitando le ire della stessa Pechino. I membri del G7 e dell’Unione europea, infatti, stanno preparando anche un’offensiva diplomatica per corteggiare un gruppo selezionato di nazioni da sottrarre alla causa di Pechino, e di Mosca.

La strategia prevede una serie di colloqui con alcune delle medie potenze del “sud globale”, come Vietnam, Sud Africa, Kazakistan. Tra gli obiettivi la chiusura di accordi di alto livello, un maggiore coordinamento dei progetti infrastrutturali esistenti, e piani d’azione su misura per ognuno dei Paesi identificato come partner chiave dell’ordine (o disordine) internazionale dei prossimi anni. L’offensiva diplomatica occidentale riconosce la forza della diplomazia “granulare” della Cina fatta di finanziamenti e investimenti infrastrutturali, e la capacità di penetrazione della Russia con le sue forniture di armi, tecnologie nucleari, fertilizzanti e “servizi” del gruppo Wagner.

Al centro dello sforzo del G7 c’è un approccio che va al di là della condivisione dei valori universali, e si basa anche su offerte molto più tangibili nelle aree del commercio, degli investimenti e della sicurezza. Washington e i suoi alleati vogliono offrire ai Paesi partner «una prospettiva e una visione chiara su cosa possono fare per avere economie di successo», chiarendo al contempo che «alcune promesse della Cina non saranno mantenute», hanno affermato fonti interne all’amministrazione statunitense ascoltate da Bloomberg e Reuters.

Anche l’Italia ha il suo punto di vista su questa strategia. La premier Giorgia Meloni è tra i leader del G7 che, più di altri, ha chiesto di sostenere la richiesta dell’Unione africana di entrare a far parte del G20. «La sfida è aiutare gli africani ad usare le loro risorse», ha affermato Meloni.

L’Africa è il continente più conteso della corsa a guadagnare nuovi spazi d’influenza. A luglio la Russia ospiterà i leader africani a San Pietroburgo, città natale di Putin, ad agosto i leader del BRICS che comprende Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, si incontreranno a Johannesburg per esaminare le richieste di 19 Paesi che vogliono entrare nel gruppo.

La competizione per la definizione dei confini del mondo multipolare sta quindi entrando nel vivo, plasmando una realtà in cui gli stati-nazione e le imprese potranno continuare a muoversi nel mondo, ma meno liberamente di prima e facendo molta più attenzione nella scelta dei partner. La nuova realtà della globalizzazione sarà molto più “liquida” rispetto al passato.

Così si sono raffreddati i rapporti tra Europa e Cina: adesso Pechino è «un rivale economico»

Con gli Stati Uniti che oscillano tra discorsi di guerra da un lato e dichiarazioni distensive dall’altro, i Paesi europei faticano a mettersi d’accordo su una posizione condivisa nei confronti della Cina. La Casa Bianca è passata dai discorsi sul “decoupling” a una linea più moderata di “de-risking”, un termine che negli ultimi mesi viene usato anche nei documenti della Commissione europea. Ma il rischio rimane visto che l’Europa oggi è molto meno preparata degli Stati Uniti ad affrontare, economicamente e politicamente, lo shock di una rottura forzata delle relazioni con la Cina in caso di un’escalation nello Stretto di Taiwan.

Nel 2022 i Paesi dell’Unione europea hanno esportato in Cina beni per un valore di 223 miliardi di euro, importandone per 472 miliardi (un deficit di 249 miliardi). Nel 2021 la Cina e l’Ue sono stati i maggiori partner commerciali reciproci con un interscambio da 1,9 miliardi di euro in un giorno. Nel 2020, l’Ue ha esportato in Cina servizi per un valore di 47 miliardi di euro, importandone per un valore di 31 miliardi (un surplus di 16 miliardi).

Nell’ultimo anno però le relazioni si sono deteriorate per diverse ragioni. Oltre alle diverse posizioni sulla guerra russo ucraina e sui diritti umani, l’Ue ha contenziosi aperti sulle misure di coercizione economica esercitata da Pechino nei confronti di alcuni Paesi europei, e sulle chiusure cinesi nei confronti del mercato unico europeo. L’equilibrio tra sfide e opportunità è cambiato nel tempo. Bruxelles continua a impegnarsi a favore della cooperazione con Pechino per affrontare le sfide globali e regionali, ma allo stesso tempo, considera apertamente la Cina un “concorrente economico” e un “rivale sistemico”.

Le mire cinesi su Taiwan non sono più moderate delle mire della Russia sull’Ucraina prima dell’invasione. Questo non vuol dire che le cose devono andare nello stesso modo, non per forza almeno, ma anche nella migliore delle ipotesi i rapporti sono destinati a raffreddarsi.