La Settimana Internazionale

La UE accelera sull’energia green: vincoli anche per le imprese

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di Lorenzo Consoli

Il 30 marzo, i negoziatori del Consiglio Ue e del Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo politico provvisorio sul testo di revisione della direttiva sulle energie rinnovabili (Red III), uno degli elementi più rilevanti e complessi del pacchetto legislativo del  Green Deal, reso ancora più ambizioso dalle modifiche proposte dalla Commissione europea con il “Fit for 55”, che fa riferimento all’obiettivo chiave della riduzione del 55% delle emissioni a effetto serra nell’Ue entro il 2030, rispetto al 1990.

L’obiettivo precedentemente in vigore per il 2030, deciso nel 2014, prevedeva una riduzione delle emissioni limitata al 40%, fissando al 32% la quota da raggiungere nel consumo di energia coperto dalle fonti rinnovabili. Con il passaggio al nuovo obiettivo di riduzione delle emissioni del 55%, la Commissione aveva proposto per le rinnovabili un target del 40%.

L’accordo sulla nuova direttiva ha aumentato ulteriormente questo obiettivo, portandolo al 42,5% del consumo energetico complessivo dell’Ue, e auspicando anche un ulteriore aumento indicativo del 2,5% che consentirebbe di raggiungere il 45%. Significa, in pratica, raddoppiare l’attuale quota di rinnovabili nell’Ue (22,1%). Ciascuno Stato membro contribuirà con un proprio sotto-obiettivo nazionale a questo traguardo comune.

L’accordo dovrà ora essere approvato dalla plenaria del Parlamento e, con voto formale finale, dal Consiglio Ue. La direttiva include obiettivi e misure per sostenere e incentivare l’adozione delle energie rinnovabili in vari settori dell’economia, con procedure di autorizzazione più facili e veloci per l’installazione degli impianti, a cui sarà riconosciuto lo status di “interesse pubblico preminente”, ma rispettando le norme per la tutela ambientale. Nelle zone con un elevato potenziale per le energie rinnovabili e bassi rischi ambientali gli Stati membri potranno istituire delle “aree dedicate” per accelerare e semplificare ancora di più gli iter autorizzativi.

Per la prima volta il settore industriale, già sottoposto in parte al sistema di compravendita dei permessi di emissione (Ets), è incluso nella direttiva sulle energie rinnovabili. L’accordo stabilisce specificamente per l’industria degli obiettivi indicativi (1,6% di aumento annuo dell’uso di energia rinnovabile) e un obiettivo vincolante: entro il 2030 il 42% dell’idrogeno utilizzato nel settore dovrà provenire da “combustibili rinnovabili di origine non biologica” (ovvero da idrogeno “verde” e combustibili sintetici), con un ulteriore aumento al 60% entro il 2035.

L’idrogeno rinnovabile, o “verde”, è definito esclusivamente come quello prodotto per elettrolisi con l’uso di elettricità da fonti di energia rinnovabile. Le pressioni della Francia e di una decina di altri paesi del Nord e dell’Est per ammettere nella definizione anche l’idrogeno prodotto con l’uso di elettricità di fonte nucleare si sono scontrate contro l’opposizione dei paesi anti nuclearisti e della maggioranza del Parlamento europeo.

Un risultato minore, ma significativo, la Francia l’ha comunque ottenuto: per gli Stati membri con una forte presenza del nucleare nel proprio mix energetico viene introdotta la possibilità di uno sconto del 20% sull’obiettivo obbligatorio dell’idrogeno verde per l’uso industriale. Ma questo sarà possibile a due condizioni:

  1. che lo Stato membro interessato abbia già conseguito il proprio target nazionale, come contributo all’obiettivo generale vincolante dell’Ue riguardo alla quota di energia rinnovabile nel consumo di energia;
  2. che nel consumo energetico dello Stato membro interessato la quota di idrogeno prodotto da combustibili fossili sia inferiore a una soglia del 23% nel 2030 e del 20% nel 2035.

Questo significa che, per avere lo sconto del 20%, l’idrogeno prodotto non solo da fonti rinnovabili ma anche dal nucleare dovrà superare il 77% del consumo nazionale nel 2030 e l’80% nel 2035. Secondo fonti della Commissione, queste condizioni sono soddisfatte oggi da un solo paese, la Svezia, ma potrebbero essere rispettate nei prossimi anni anche da Francia, Finlandia e Belgio.

Nel settore dei trasporti l’accordo dà la possibilità agli Stati membri di scegliere tra due diversi obiettivi vincolanti, da conseguire entrambi entro il 2030: una riduzione del 14,5% dell’intensità di gas a effetto serra, grazie all’uso di fonti rinnovabili; oppure una quota di rinnovabili utilizzate nel settore pari ad almeno il 29% del consumo finale di energia. Viene fissato anche un sotto-obiettivo vincolante del 5,5%, combinato, come quota di energie rinnovabili fornite al settore dei trasporti, che dovrà essere raggiunta con i biocarburanti avanzati (derivati da materie prime non alimentari) e con i carburanti rinnovabili di origine non biologica (idrogeno verde e carburanti sintetici a base di idrogeno). Questi ultimi dovranno comunque arrivare almeno all’1%. La revisione della direttiva rafforza infine gli obiettivi annuali per il settore del riscaldamento e raffreddamento, introducendo un parametro specifico del 49% entro il 2030 per l’uso delle rinnovabili nell’energia utilizzata negli edifici.