Inchieste

Corsa dei condomìni al 110

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di Saverio Fossati

La grande paura serpeggia in condominio. Il passaggio dal 110% al 90% del superbonus a partire da quest’anno (la percentuale scenderà poi al 70% nel 2024 e al 65% nel 2025) non aveva del tutto spento le speranze anche se la legge di Bilancio 2023 aveva per l’ennesima volta cambiato le carte in tavola anche sotto il profilo procedurale.

Il 110% continua a spettare a:

  • gli interventi effettuati dai condomìni per i quali la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori risulta adottata prima del 18 novembre 2022, sempre che tale data sia attestata, con apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà dall’amministratore del condominio (o dal condomino che ha presieduto l’assemblea, nel caso in cui non vi sia l’obbligo di nominare l’amministratore) e a condizione che per tali interventi, alla data del 31 dicembre 2022, risulti depositata la Cilas (la comunicazione di inizio lavori asseverata, ndr);
  • gli interventi effettuati dai condomìni per i quali la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori risulta adottata in una data compresa tra il 18 e il 24 novembre 2022, sempre che tale data sia attestata, con apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà dall’amministratore del condominio (o dal condomino che ha presieduto l’assemblea, nel caso in cui non vi sia l’obbligo di nominare l’amministratore) e a condizione che per tali interventi, alla data dei 25 novembre 2022, sia stata presentata la Cilas.

I condomìni, quindi, mentre la legge di Bilancio era ancora in discussione, si erano affannati, sotto la guida degli amministratori più esperti, a convocare assemblee e ad approvare i lavori, nella convinzione che con il 110% garantito l’ostacolo di trovare imprese che accettassero lo sconto in fattura sarebbe stato superato.

Purtroppo le cose non sono andate così. E pur continuando in molti casi ad avere diritto al superbonus “pieno”, i condomìni si trovano ora nell’impossibilità pratica di beneficiarne direttamente.

Per una serie di ragioni: la prima, è che quelli che si sono dati da fare per approvare la delibera entro il 18 novembre 2022, o addirittura quelli che la hanno varata entro il 16 febbraio 2023, difficilmente hanno già presentato la Cilas come vorrebbe il Dl 11/2023 che ha bloccato la cessione dei crediti. E quindi i condòmini sono condannati, se vogliono andare avanti con i lavori, a pagare di tasca propria l’impresa per poi detrarre l’importo in comodissime dieci rate annuali. Ma considerando che un cappotto termico può ben costare una media si 10mila euro a condòmino, chi lo spiega a una famiglia monoreddito di periferia che deve sborsare in pochi mesi una cifra enorme per poi recuperare 1.100 euro all’anno per il successivo decennio?

D’altro canto, l’ipotesi di fare marcia indietro rimane praticabile se si devono sborsare solo i soldi del progetto e dello studio di fattibilità. Certo, se i lavori sono già iniziati vuol dire che la Cilas è stata già presentata (almeno per quegli interventi di una certa entità) e quindi la cessione del credito è possibile. Ma qui entra in scena una considerazione che valeva già dal 2022: le imprese medio-piccole non riuscivano (come non riescono ora) a cedere il credito a nessuno, perché le banche non ne vogliono più sapere. E non da ora. Quindi la tenaglia si stringe proprio sulle imprese e sui condòmini meno abbienti: le prime non possono più offrire lo sconto in fattura per sopravvenuto divieto o per mancanza assoluta di acquirenti del credito e i secondi non hanno, semplicemente, il denaro per pagarle.

Una situazione di impasse che potrebbe portare, se abbandonata a se stessa, a un enorme contenzioso nelle aule di giustizia e a una raffica di fallimenti.