Tratto dall'edizione numero 38 del 26/05/2023

Cibo sintetico, minaccia per le filiere italiane

di Roberta Favrin

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Organizzazioni agricole all’attacco, spariranno interi territori, produzione concentrata nelle mani di pochi.

di Roberta Favrin

Il “cibo sintetico” è indigesto per le organizzazioni agricole portavoce di un comparto fatto di 722mila imprese e un valore alla produzione superiore a 72 miliardi di euro.

Coldiretti è partita lancia in resta con una petizione “contro” che in pochi mesi ha raccolto mezzo milione di firme e consensi bipartisan in tutte le regioni e in oltre 2mila comuni. Tanto è bastato per spronare il Governo all’emanazione del disegno di legge che mette al bando «alimenti o mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o da tessuti derivanti da animali vertebrati».

Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, si è speso in tutte le sedi istituzionali e pubbliche contro quella che definisce «una minaccia letale» per l’agricoltura italiana, la salute dei consumatori e la biodiversità del pianeta: «Dal mondo scientifico – sottolinea Prandini – cominciano ad arrivare conferme sulla necessità di rispettare il principio di precauzione di fronte ad una nuova tecnologia con molte incognite che rischia di cambiare la vita delle persone e l’ambiente che ci circonda. Consuma più acqua ed energia di molti allevamenti tradizionali, non aiuta la salute perché non c’è garanzia che i prodotti chimici usati siano sicuri per il consumo alimentare». Inoltre non è accessibile a tutti poiché è nelle mani di grandi multinazionali, denuncia Coldiretti, chiedendo alle istituzioni europee di adottare per i processi autorizzativi le stesse regole utilizzate per i farmaci.

Anche Cia-Agricoltori Italiani, tra rischi e opportunità del “novel food” propende per la cautela «contro derive pericolose, soprattutto sul cibo sintetico, che potrebbero minare una corretta alimentazione, il made in Italy agroalimentare, e ridimensionare l’agricoltura».

Il presidente nazionale, Cristiano Fini, ricorda che le produzioni zootecniche nazionali sono simbolo di alta qualità e punta l’attenzione sulla tenuta delle aree interne, «fonte principale di economia per le comunità locali e motivo di sopravvivenza di interi territori, sempre più soggetti al progressivo abbandono».

Confagricoltura sottolinea, realisticamente, che nel 2050 sulla Terra saremo in 10 miliardi: serve fin da subito un aumento della produzione globale di cibo di almeno il 30%. Dunque la posta in gioco è alta: «Chi oggi vuole favorire il cibo sintetico, presenta il modello agricolo come non sostenibile e intensivo nello sfruttamento delle risorse naturali, ma laddove esistono modelli agricoli sviluppati esistono anche democrazie mature. Se pensiamo a molti Paesi africani, l’agricoltura può far emergere capacità produttive inespresse, promuovendo al contempo sistemi democratici e più evoluti di quelli attuali», dice il presidente Massimiliano Giansanti.

Milioni di mani al lavoro nei campi, contro l’industrializzazione della carne sintetica «che concentrerebbe le produzioni nelle mani di pochi e di poche nazioni». Senza contare le ripercussioni negative «non solo per le produzioni zootecniche ma anche per il patrimonio enogastronomico, storico e culturale che richiama milioni di turisti ogni anno», conclude Confagricoltura.